I primi passi della felicità
Ho scritto ultimamente
un breve articolo su una delle più importanti questioni filosofiche che non
sempre è conosciuta perché si crede che sia troppo difficile, mentre di fatto è
solamente spiegata male ed é state il più delle volte accantonata quando era
spiegata bene, al punto che oggi se ne è dimenticata l’importanza.
Si tratta della ‹partecipazione›.
Cosa significa questa
parola?
Quando uno non è
capito e/o quando non ha voglio di capire gli altri, allora egli stesso sta
male e fa star male gli altri. Al contrario quando vive in una partecipazione
felice vive in una famiglia felice e non si annoia mai.
Qualcuno osserva
subito che per essere sempre contenti bisognerebbe vivere in paradiso, dove
tutti sono santi e beati e dove chi comanda è il più santo e il più beato di
tutti.
Ebbene proprio per questo noi tutti ammettiamo che esista un Dio di ogni beatitudine, solo che sempre o quasi mai non l’abbiamo ancora incontrato.
Ebbene proprio per questo noi tutti ammettiamo che esista un Dio di ogni beatitudine, solo che sempre o quasi mai non l’abbiamo ancora incontrato.
Ebbene la
partecipazione è l’unica strada per incontrarlo.
Qualcuno può dubitare
che sia l’unica e che sia possibile, ma di fatto se non la cerca non ne trova
delle altre.
A questo punto
qualcuno si precipiterà a leggere il mio articolo per trovarla …
Qualcun altro invece mi chiederebbe: Spiegamela tu qui e ora solamente in due parole!
E io lo voglio accontentare.
Qualcun altro invece mi chiederebbe: Spiegamela tu qui e ora solamente in due parole!
E io lo voglio accontentare.
Immaginiamo una
famiglia abituale: un papà provvidenziale che si affatica per i suoi cari, una
sposa tanto buona quanto intelligente e i bambini sempre pronti a giocare e ad
aiutare.
Ecco! Una società del genere vive la ‹partecipazione›!
La partecipazione non è solo un volersi bene o un adattarsi o un essere fortunati.
Non dipende da questo o da quell’altro dei vari conniventi.
È invece essere tutti insieme e ciascuno un Dio l’uno per l’altro.
Ecco! Una società del genere vive la ‹partecipazione›!
La partecipazione non è solo un volersi bene o un adattarsi o un essere fortunati.
Non dipende da questo o da quell’altro dei vari conniventi.
È invece essere tutti insieme e ciascuno un Dio l’uno per l’altro.
In altre parole. Se
ciascuno dei familiari, come se egli solo, senza pretenderlo dagli altri si
chiedesse: come farebbe Dio al mio posto in questa e in quell’altra occasione,
e conseguentemente agisse come egli stesso si è domandato, allora non avrebbe
più bisogno di chiedersi cosa sia la partecipazione, altrimenti deve cercarla
ancora una e una infinità di volte fin che la trova.
Ebbene c’è qualcuno
che l’ha trovata e a lui dobbiamo chiedere spiegazioni perché è lui quel Dio
che ce le può dare.
A questo punto dovete
perdonarmi, ma se volete trovare una stradetta delle spiegazioni, almeno
cominciate a leggere il mio articolo su il: paginario filosofico e poi
chiedetemi, se vi pare, altre spiegazioni.
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